Da una legge sacra di Cirene appare che la parola Kolossos significava "statuetta aniconica di argilla, legno o cera rappresentante la copia di un individuo, maschio o femmina". Il vocabolo appartenente ad una lingua pre-greca di ceppo asiatico, significò, ancora in età pre-ellenica, non solo, statuetta di valore magico, ma statua vera e propria. Con tale significato, fu acquisito dal dialetto dorico, quando i Dori colonizzarono le isole e l’Asia Minore. Per tale ragione troviamo attribuito questo termine alla statua gigantesca di Helios che la città dorica di Rodi innalzò in ricordo della vittoriosa resistenza all’assedio di Demetrio Poliorcete.La statua venne costruita da Chares di Lindo, scolaro di Lisippo. Dopo che venne eretta il vocabolo kolossos indicò solo le statue di grandissime dimensioni ed essa venne annoverata tra le sette meraviglie del mondo antico. L’iscrizione a dedica è conservata nelle fonti scritte e forse si può ricostruire l’epigramma dell’artista. La costruzione dell’opera durò 12 anni, sicchè si può pensare che l’opera fu eretta nel 290 a.C. a Helios. Pare che essa fu elevata sotto Seleuco Nicatore, data che non sposta tale cronologia.
Lo scheletro di ferro era stabilizzato da un riempimento fatto con blocchi di pietra. Per la fusione, sul posto, delle parti bronzee era stato elevato tutto intorno un terrapieno. Non è escluso che essa fosse di legno e che la quantità di assi e di travi occorrenti fosse prelevata dalla colossale torre d’assedio, l’Elepoli, alta 40 metri, impiegata da Demetrio Poliorcete.


{mosimage}Non si sa se essa reggesse una fiaccola o una lancia. L’impostazione era verticale perchè, date le dimensioni, la statica doveva essere sicurissima. E’ pensabile che nel rendimento dei lineamenti del volto e nell’espressione psicologica nel Colosso di Rodi, Chares si sia ispirato all’immagine del Sole sulla quadriga eretta per gli abitanti di Rodi da Lisippo. Le immagini di Helios nelle monete rodie non ci forniscono elementi per la ricostruzione dell’immagine lisippea, perchè dal primo conio del 408 a.C. si susseguirono varianti non tanto differenziate da poter riconoscere un nuovo tipo, il quale riproducesse il volto dell’ Helios di Lisippo. La scultura di Chares, con ogni probabilità, aveva intorno al capo una fitta raggiera, come altre immagini del sole scoperte a Rodi.
