Archivi categoria: Cultura

Le mani (Gabriele D’Annunzio)

Le mani delle donne che incontrammo
una volta, e nel sogno, e ne la vita:
oh quelle mani, Anima, quelle dita
che stringemmo una volta, che sfiorammo
con le labbra, e nel sogno, e ne la vita!
Fredde talune, fredde come cose
morte, di gelo (tutto era perduto):
o tiepide, parean come un velluto
che vivesse, parean come le rose:
rose di qual giardino sconosciuto?

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Eros (Umberto Saba)

Sul breve palcoscenico una donna

fa, dopo il Cine, il suo numero.

Applausi, e scherno credo, ripetuti.

In piedi, del loggione in un canto, un giovinetto,

mezzo spinto all'infuori, coi severi

occhi la guarda, che ogni tratto abbassa.

È fascino? È disgusto? È l'una e l'altra

cosa? Chi sa? Forse a sua madre pensa,

pensa se questo è l'amore. I lustrini

sul gran corpo di lei, col gioco vario

delle luci l'abbagliano. E i severi

occhi riaperti, là più non li volge.

Solo ascolta la musica, leggera

musichetta da trivio, anche a me cara

talvolta, che per lui si è fatta, dentro

l'anima sua popolana ed altera,

una marcia guerriera.

Umberto Saba (1883-1957)
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Vien la mia donna (Giovan Battista Marino)

Vien la mia donna in su la notte ombrosa

qual suole apunto il mio pensier formarla

e qual col rozzo stil tento ritrarla,

ma qual mai non la vidi a me pietosa.

"Pon freno al pianto, e pace spera, e posa,

o mio fedel, che tempo è da sperarla"

sorridendo mi dice, e mentre parla

m'offre del labro l'animata rosa.

Allor la bacio: ella ribacia e sugge;

lasso, ma 'l bacio in nulla ecco si scioglie,

e con la gioia insieme il sonno fugge.

Or qual, perfido Amor, fra tante doglie

deggio attender mercé da chi mi strugge,

se i mentiti diletti anco mi toglie?


Giovan Battista Marino
(1569-1625)
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Deh, Violetta, che in ombra d’amore (Dante Alighieri)

Deh, Violetta, che in ombra d'Amore

negli occhi miei sì subito apparisti,

aggi pietà del cor che tu feristi,

che spera in te e disiando more.

Tu, Violetta, in forma più che umana,

foco mettesti dentro in la mia mente

col tuo piacer ch'io vidi;

poi con atto di spirito cocente

creasti speme, che in parte mi sana

la dove tu mi ridi.

Deh, non guardare perché a lei mi fidi,

ma drizza li occhi al gran disio che m'arde,

ché mille donne già per esser tarde

sentiron pena de l'altrui dolore.


Dante Alighieri
(1265-1321)
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De gli occhi de la mia donna (Dante Alighieri)

De gli occhi de la mia donna si move

un lume sì gentil che, dove appare,

si veggion cose ch' uom non pò ritrare

per loro altezza e per lor esser nove:

e de' suoi razzi sovra 'l meo cor piove

tanta paura, che mi fa tremare

e dicer : "Qui non voglio mai tornare";

ma poscia perdo tutte le mie prove:

e tornomi colà dov'io son vinto,

riconfortando gli occhi paurusi,

che sentier prima questo gran valore.

Quando son giunto, lasso!, ed e' son chiusi;

lo disio che li mena quivi è stinto:

però proveggia a lo mio stato Amore.


Dante Alighieri
(1265-1321)
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Quando tu sarai vecchia (William Butler Yeats)

Quando tu sarai vecchia

e grigia e sonnolenta,

Col capo tentennante accanto al fuoco,

prenditi questo libro,

E lentamente leggilo,

e sogna del tenero sguardo

Che gli occhi tuoi ebbero un tempo,

e delle loro ombre

Profonde; quanti furono a amare i tuoi attimi

Di grazia felice, e quanti amarono,

con falso o vero amore,

La tua bellezza; ma uno

solo amò l'anima peregrina

Che era in te, e il dolore

del tuo volto che muta.

Curva di fronte ai ceppi risplendenti mormora,

Con lieve tristezza,

come Amore fuggì, come percorse

Passando, i monti che

ci stanno alti sul capo,

E nascose il suo viso

fra un nuvolo di stelle.

William Butler Yeats (1865-1939)
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Gli Etruschi

danzatori etruschiSulla provenienza del popolo etrusco non vi sono fonti certe. Secondo Erodoto, sarebbero emigrati in Toscana dall’Asia Minore (Lidia). Questa tradizione sembra avvalorata da una possibile identificazione dei Tereš o Turša, citati tra i popoli del mare nei documenti egiziani con i Tirsenoi o "Tirreni". Secondo Livio, sarebbero arrivati dal nord e secondo una terza tradizione, appoggiata dallo storico Dionigi di Alicarnasso, sarebbero invece autoctoni.
 
Il fondatore della questione etrusca è senza dubbio Dionisio D’Alicarnasso, storico greco di età augustea, che dedica ben cinque capitoli (26-30) del primo libro delle sue Antichità romane all’esame di questo argomento, confutando – con i mezzi critici a sua disposizione – le teorie che identificavano gli Etruschi con i Pelasgi o i Lidi e dichiarandosi favorevole all’ipotesi che fossero un popolo «non venuto di fuori ma autoctono», il cui nome indigeno sarebbe stato Rasenna. Scrive lo storico: Dopo che i pelasgi ebbero lasciato la regione, le loro città furono occupate dai popoli che vivevano nelle immediate vicinanze, ma principalmente dai tirreni, che si impadronirono della maggior parte di esse, e delle migliori…Sono convinto che i pelasgi fossero un popolo diverso dai tirreni. E non credo nemmeno che i tirreni fossero coloni lidii, poiché non parlano la lingua dei primi….Perciò sono probabilmente più vicini al vero coloro che affermano che la nazione etrusca non proviene da nessun luogo, ma che è invece originaria del paese.(Dionisio di Alicarnasso (Antichità Romane) I sec. a.C.).