Delitto e Castigo (Fëdor Mikhajlovic Dostoevskij)

Il capolavoro di Fëdor Mikhajlovic Dostoevskij, "Delitto e Castigo" (Преступление и наказание) risulta non di semplice lettura in quanto l’autore spesso si dilunga su riflessioni, controversie psicologiche e trabocchetti interni al protagonistae alle vicende. Tali difficoltà vengono accentuate, in maniera piuttosto decisa e non so bene se volontaria, anche dall’uso di parecchie espressioni in lingue straniere (solitamente in francese, tedesco e polacco), dalla citazione di unità di misura russe lontane dal sistema metrico decimale.
Anche l’infinità di nomi, diminutivi e a volte diminutivi dei diminutivi (ad esempio il nome della sorella del protagonista, il suo nome è Avdotja, chiamata poi Dunja, e infine Dunjetscka.) La vicenda è ambientata a Pietroburgo. Una Pietroburgo sempre cupe e afosa, illuminata solo dalla luce fioca di una candela o di una lampada scarsamente alimentata. Il sociale  del romanzo rispecchia molte delle caratteristiche della società russa del tempo.

 

 

Il romanzo narra la storia di Rodion Romanovič Raskolnikov, studente espulso dall’università che, travagliato e oppresso da varie negativitàe malato nel corpo oltre che nella mente, per dimostrare il proprio valore decide di uccidere una vecchia usuraia presso la quale aveva impegnati vari suoi sparuti oggetti di scarso valore. Il giovane uccide considerando la vecchia usuraia inutile per la società, al livello d’un pidocchio. L’inconveniente si presenta subito dopo; pur non avendolo programmato uccide anche la sorella della vecchia in quanto involontaria testimone al delitto, mai tempismo fu più dannoso in tale romanzo. Alla fine, grazie anche all’aiuto morale di Sonja giovane sventurata il cui padre alcolista finisce morto sotto una carrozza, egli si consegnerà spontaneamente alla giustizia proprio nel momento dell’assoluzione da parte degli investigatori. Proprio grazie al fatto di essersi costituito Raskolnikov non viene giustiziato nonostante l’efferato delitto. Sconterà altresì una pena relativamente breve in Siberia. Pagato il suo debito con la giustizia si unirà con Sonja sempre vicino al suo Raskolnikov.

"Delitto e castigo" è un romanzo psicologico ambientato nel lontano 1865 nella grande Pietroburgo, una città descritta attraverso precisi riferimenti topografici riconoscibili. La città rispecchia la condizione interiore del personaggio che in essa agisce. Sono anche numerosi i riferimenti ai fatti di quell’ anno, a partire dagli echi della crisi finanziaria e dei rivolgimenti economici. Se ne fanno portavoce le figure di Luzin rappresentante del nuovo capitale emergente e di Svidrigalov, legato a un ceto decadente risparmiato dalla riforma agraria, quindi ancora benestante, ma incapace di produrre nuova ricchezza e quindi destinato ad essere sopraffatto per proprio demerito.
Un altro personaggio chiave è la vecchia, Alena Ivanova, l’unico personaggio che accresce le proprie ricchezze, in un romanzo, dove, come spesso accade con Dostoevskij il denaro appare massimamente sotto forma di dono, regalo, eredità, improvvisa e inattesa beneficenza.
Tuttavia il capitale della vecchia costituisce un capitale fermo, lontanissimo da ogni utilizzazione imprenditoriale, accumulato al solo scopo di salvare l’anima della vecchia stessa portandola alla redenzione. Casualmente Raskolnikov in un osteria venine a sapere che i soldi della vecchia erano destinati a un certo monastero a suffragio della sua anima. Vista sotto questa angolatura Alena Ivanova è effettivamente un parassita, una creatura disfunzionante. Il parallelo col panorama finanziario dell’epoca, capace solo di succhiare la vita alle sue vittime è evidente, rendendo il personaggio doppiamente immorale e indegno di perdono.
Quest’aspetto della sua funzione sociale, al di là del giudizio comunemente espresso dalla morale cristiana sull’usura, getta una luce ancor più maligna sulle motivazioni che spingono Raskolnikov al delitto.
Centrale in "Delitto e castigo" è il motivo del denaro, della sua assenza, della sua improvvisa comparsa, della sua pesante presenza. Non per nulla il problema della mancanza di soldi accompagno Dostoevskij per buona parte della sua esistenza, fu particolarmente assillante proprio negli anni che precedono la stesura di quest’opera.
Un altro tema di "Delitto e castigo" è il tema della fame, tema legato anch’esso al motivo del pauperismo, cosi accuratamente analizzato da Dostoevskij fin dalle sue prime opere. Grande attenzione è dedicata all’annotazione del poco cibo che circola in "Delitto e castigo".
Nei tre giorni precedenti il delitto Raskolnikov, privato del vitto dalla padrona di casa, inghiotte in tutto qualche cucchiaiata di minestra, qualche sorso di te, un pirog salato, e beve un bicchiere e di birra e un po’ di vodka. A questo stato di semidigiuno, dopo il drammatico quarto giorno caratterizzato dalla visita al commissariato e a Razumuchin e dal manifestarsi della malattia di Raskolnikov, fa seguito la fase culminante della malattia stessa e del delirio, anch’essa della durata di tre giorni nel corso dei quali Raskolnikov digiuna completamente. L’inferno del protagonista è al suo culmine.
Le giornate successive restano in tono con il panorama alimentare fin qui descritto, ai limiti della sopravvivenza, ed è proprio quest’anoressia indotta che consente lo svilupparsi abnorme del pensiero malsano di Raskolnikov. L’attività frenetica e incontrollata della mente, l’insorgere del delirio e delle visioni. La prostituzione, specie in giovane età, è l’altro grande tema sociale toccato da Dostoevskij in "Delitto e castigo".
Altro punto centrale nella dinamica del romanzo è infatti il motivo della vendita di un corpo giovane alla libidine di uomini sempre più anziani. È un motivo che culmina nel rapporto tra Svidrigalov e la sua fidanzata bambina, e che viene introdotto nel romanzo da Sonja (la quale appare bambina quando si prostituisce e donna solo inseguito), per essere poi sviluppato dalla fanciulla violata che Raskolnikov soccorre per strada, e ribadito dalla coppia Luzin Dunja tanto aberrata.
In questo quadro di perversioni, Svidrigailov è un vero e proprio trait-d’union tra corrotti e corruttori, tra le vittime e i carnefici. Egli è "comprato" da Marfa Petrovna (che lo salva dalla prigione in cambio di un matrimonio e di una parvenza alla fedeltà coniugale a una moglie più anziana tutt’altro che attraente nel romanzo incarna il tipo immorale per eccellenza, colui che non conosce ostacoli alla propria libidine, e ignora i diritti della morale e della dignità altrui.
Uomo dalla sensualità viziosa e depravata, Svidrigailov vive in realtà ai margini dell’esistenza, è un voyeur che spia attraverso i buchi della serratura (in casa Kapernaumov) e le fessure delle pareti (all’albergo Adrianapol’) lasciandosi scorrere davanti la vita senza coglierne i frutti, ma solo osservando e nutrendosi delle passioni e dell’agire altrui. Egli espreme la violenza di un impotenza esistenziale oramai cronica. Tuttavia il realismo di Dostoevskij, che secondo le stesse parole dello scrittore consisteva nella ricerca "dell’uomo nell’uomo", riesce a scovare "qualcos’altro" anche nel fondo di Svidrigailov e con uno stravolgimento improvviso della situazione e del ruolo, lo scrittore ci propone Svidrigajlov anche nella veste di artefice della redenzione di creature deboli e indifese (Sonja e i piccoli Marmeladov, da lui beneficiati).

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