Adolf Hitler (parte 1)

Adolf Hitler, il cui nome rievoca funesti fatti e disgrazie immense ha segnato con il suo agire un secolo, quello trascorso in maniera indelebile. I sopravvissuti a quegli anni diventano sempre meno per questioni cronologiche, ma nessuno deve dimenticare questa storia così vicina nel tempo e così lontana nei nostri interessi. Primo di una serie di lunghi articoli dedicati alla prima metà del XX secolo vi introduciamo quì la figura di Adolf Hitler.

 

 

Adolf Hitler, immagine di propagandaAdolf Hitler (1889-1945) uomo politico tedesco. Nacque a Braunau am Inn, una cittadina austriaca, ebbe un padre molto repressivo e autoritario che morì nel 1903 e una madre molto idealizzata che alla sua morte, nel 1907, lasciò il giovane Adolf abbastanza traumatizzato. Nello stesso anno, abbandonato il liceo, Hitler si trasferì a Vienna cercando invano di entrare all’Accademia delle belle arti. Qui rimarrà fino al 1913, pare sviluppando il suo antisemitismo; poi si trasferì a Monaco. Scoppiata la prima guerra mondiale si distinse sul campo guadagnandosi dei riconoscimenti militari. Nel 1919 a Monaco cominciò a entrare in politica e l’anno seguente costituì il Partito Nazionalsocialista dei lavoratori tedeschi (NSDAP) ma in seguito alle sue attività di agitatore fu arrestato. Fu durante la prigionia (1924) che scrisse Mein Kampf (La mia battaglia) il manifesto del suo pensiero fatto di nazionalismo tedesco, superiorità della razza ariana, odio contro ebrei, marxisti e liberali. Scarcerato dopo soli 9 mesi, Hitler ritornò alla guida del NSDAP.
La grande crisi economica del 1929 permise a Hitler e al suo movimento di far leva sul malcontento di alcune frange della popolazione esasperate da disoccupazione e tensioni sociali. Alle elezioni del 1930 il suo partito crebbe di molto guadagnando oltre un centinaio di seggi in parlamento. Intanto Hitler impiegava le sue camicie brune, una vera e propria organizzazione paramilitare, negli scontri di piazza. L’ascesa del nazismo era iniziata.
Nel 1932 Hitler perse le elezioni per pochissimi voti e l’anno seguente il partito nazista era il primo partito della Germania. Il consolidamento del potere di Hitler avvenne con l’eliminazione degli avversari all’interno e all’esterno del partito: mise fuori legge il partito comunista e arrestò i suoi leader, poi, ottenne un mandato che gli dava un mandato forte per quattro anni e sciolse tutti i partiti tranne il NSDAP. Nel 1934, nella celebre quanto lugubre "notte dei lunghi coltelli" fece eliminare con un massacro oltre un centinaio di camicie brune, divenute scomode e di difficile controllo. L’anno seguente ottenne il potere assoluto proclamandosi Fuhrer o capo supremo del Terzo Reich e istituendo un apparato militare di controllo, repressione e terrore: le famigerate SS o camicie nere che insieme alla Gestapo, la polizia di Stato con pieni poteri, istituirono il sistema dei campi di concentramento per eliminare gli oppositori. Le persecuzioni furono all’ordine del giorno, il bersaglio preferito gli ebrei che vennero espulsi dai loro incarichi lavorativi e, con le leggi antirazziali del 1935, privati della cittadinanza tedesca e in seguito deportati nei campi di sterminio.
Sul piano della politica estera il programma enunciato in Mein KampfHitlerPatto d’Acciaio prima con Mussolini e poi con il Giappone. Nel 1939 Hitler si annette l’Austria mentre Francia e Inghilterra rimasero sostanzialmente a guardare incerti e intimoriti davanti alla potenza e l’arroganza della Germania. Così fu la volta della Polonia, con cui aveva stipulato un patto di non aggressione poco prima, e poi della Cecoslovacchia prima che Francia e InghilterraHitler dichiarassero guerra a un che nel frattempo si era preparato allo scontro. Scoppiata la seconda guerra mondiale , Hitler riuscì a stringere alleanza anche con la Russia di Stalin e in un primo tempo la sua avanzata sembrò irrefrenabile: nel 1940 invase la Francia mentre De Gaulle si rifugiava in Inghilterra per organizzare la resistenza, poi l’Africa del Nord; fu sconfitto solo nel tentativo di entrare in Gran Bretagna. Il suo disegno politico era quello di sottomettere l’Europa creando campi di lavoro che producessero per la razza ariana. In quest’ottica cominciò il progetto di sterminio totale della razza ebrea, ma anche di slavi, comunisti e omosessuali.
Nel 1941, nonostante i patti che aveva stipulato con l’URSS decise di invadere anche la Russia. Vittorioso In un primo tempo, venne presto messo in ginocchio dall’offensiva sovietica, mentre inaspettatamente gli USA entrarono in guerra in difesa dei Russi. Nel 1943 avvenne la disastrosa ritirata dalla Russia, poi la perdita dei territori africani; in Italia lo sbarco degli alleati faceva cadere Mussolini, gli alleati sbarcavano in Normandia e liberavano la Francia (1944), il Giappone veniva bombardato con le armi atomiche. Nel 1945 Hitler, sconfitto ed isolato si tolse la vita dopo aver sposato l’amante Eva Brown, anchessa suicida. A poche decine di metri i le armate russe stavano scagliando l’attacco finale alla cancelleria, ponendo così fine ad un capitolo nerissimo della storia dell’ uomo.

L’ascesa inizia con un anno di carcere
Facciamo un passo indietro e riesaminiamo da dove iniziò l’ascesa di Hitler al potere: Landsberg, Germania. 7 dicembre 1924. Adolf Hitler esce dal carcere per salire su un’auto sportiva di un amico. Nel novembre del 1923 era stato arrestato per lo sfortunato putsch della birreria, col quale aveva cercato di rovesciare la neonata repubblica di Weimar. Per quell’azione sconsiderata era stato condannato a cinque anni di reclusione (poi diventati solo uno) e il suo partito nazista dichiarato fuori legge. Ma Hitler non era il tipo che cedeva tanto facilmente. In prigione aveva scritto un libro, il Mein Kampf, dettato ad un compagno di cella, in cui riportava i suoi progetti per la Germania e per se stesso. Egli era ancora deciso a rovesciare il governo e ad instaurare un Reich forte ed aggressivo sotto il suo comando. Per cinque anni quindi, dal 1924 fino al 1929, attendendo il momento giusto per passare all’attacco, il futuro dittatore riorganizzerà e potenzierà il partito nazista reclutando nuovi seguaci e tenendo numerosi discorsi. Dopo il 1929 invece passò all’offensiva dimostrandosi un’abile oratore capace di dividere i propri avversari e di seminare zizzania sul loro conto. Obiettivo di Hitler era di concentrare su di se le due massime cariche politiche della Germania, cancelliere e presidente, e successivamente diventare il Führer, unica guida di tutto il paese. Tutti questi progetti e molti altri erano ovviamente raccolti nel Mein Kampf dove c’era una sorta di elenco di tutto ciò che egli avversava: il marxismo, il capitalismo, la borghesia e gli intellettuali. Contro tutti questi mali esistevano solo due soluzioni: un’unica razza pura tedesca sotto il suo comando e la conquista di uno spazio vitale, da ottenere a spese dell’Unione Sovietica. Poche settimane dopo il suo rilascio Hitler si incontrò col primo ministro bavarese, Heinrich Held, ed ottenne la revoca del decreto che dichiarava il partito nazista e il suo giornale fuori legge. Fu l’inizio della riscossa per il Führer. Il 26 febbraio 1925 tramite il suo giornale incitò gli ex membri del partito a dimenticare i vecchi rancori ed a riunirsi a lui nella lotta contro il Marxismo e gli ebrei. Tenne anche un primo discorso proprio nella birreria dove era fallito il putsch. Gli amici ed i suoi sostenitori notarono immediatamente che i mesi di prigionia lo avevano cambiato: era più forte e deciso. Ma soprattutto infondeva negli altri quella sicurezza e quel coraggio di cui era dotato. Tutti i cinquemila sostenitori del partito nazista accorsi per ascoltare le parole della loro guida furono entusiasmati e galvanizzati dal discorso di Hitler e pronti a seguirlo nella lotta contro la repubblica.
Ora Hitler doveva sbarazzarsi di due uomini, accolti come sue pari alla fondazione del partito, per poter diventare il solo leader incontrastato: Erich Ludendorff, un generale della prima guerra mondiale, e Ernst Rohm, comandante di un’organizzazione paramilitare. Il primo fu liquidato con la scusa degli scarsi risultati da lui ottenuti alle elezioni presidenziali del marzo 1925 (diverrà un acerrimo avversario dei nazisti), il secondo fu allontanato per le divergenze col futuro dittatore riguardo il controllo delle SA, l’organizzazione paramilitare nazista organizzata da Rohm. Quest’ultimo pretendeva che le SA, note anche come camicie brune, rimanessero sotto il suo totale controllo mentre Hitler pensava che esse dovessero per prima cosa servire il loro Führer e il partito nazista. A causa di questa opinione contrastante Ernst dette le dimissioni e partì per la Bolivia.
Intanto, nel febbraio 1925, furono organizzate delle improvvise elezioni per la morte del presidente socialdemocratico Friedrich Ebert. Erano sette i candidati per il prestigioso posto fra cui spiccavano tre favoriti per la vittoria finale: Otto Braun, socialdemocratico, Wilhelm Marx, del centro, e Karl Jarres, del partito nazionalista. I nazisti erano rappresentati da Lunderdorff. Vinse Jarres seguito da Braun. Ma siccome nessuno dei due aveva ottenuto la maggioranza si dovette procedere ad una seconda votazione. Nel frattempo i Nazionalisti avevano scaricato Jarres preferendogli Paul von Hindenburg, un vecchio feldmaresciallo di settantotto anni considerato da tutti un eroe nazionale.
Fu una mossa astuta. Hindenburg vinse le elezioni con un vantaggio del 3,3 per cento sui socialdemocratici. Intanto nell’agosto dello stesso anno il ministro degli esteri Stresemann riuscì a negoziare con successo il ritiro delle truppe francesi dalla Ruhr, il cuore industriale della Germania.
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Ritornando alle vicende del rinato partito nazista proprio nel 1925 si verificò un moto di ribellione che porterà alla creazione di due fazioni. Fautori e guide di questa opposizione furono Gregor Strasser, un piccolo farmacista bavarese incaricato da Hitler di coordinare le attività naziste nella Germania settentrionale, ed il suo segretario Joseph Goebbels. Essi si lamentavano del fatto che il programma politico del partito mancava di contenuti ideologici riassumibili per lo più nei concetti antisemiti e socialisti. Inoltre pensavano che il pensiero del partito fosse più importante del suo capo. I rivoltosi si riunirono ad Hannover ed approvarono quasi all’unanimità un nuovo programma ideato da Strasser. Fu l’inizio della ribellione. Hitler che non amava molto i progetti politici, venuto a conoscenza della situazione, montò su tutte le furie. Contestare un qualunque punto del programma equivaleva a rendersi colpevoli di tradimento verso il nazismo ed il suo capo assoluto. Deciso a ribadire la propria autorità, indisse una riunione a Bamberga con tutti i capi del partito per il 14 febbraio 1926. Parlò per quattro ore ribadendo le sue idee e respingendo quelle avversarie senza però mai nominare direttamente Strasser o Goebbels, come tutti si aspettavano. Tutto fu ristabilito e Gregor tornò fedele al Führer. Goebbels invece fu conquistato dal discorso di Hitler e, dopo aver abbandonato il suo alleato bavarese, divenne uno dei suoi seguaci più fedeli.
Ristabilito l’ordine interno il gerarca nazista organizzò il 3 e 4 luglio a Weimar una manifestazione per festeggiare la Giornata del Partito. Il tre, 2000 nazisti marciarono per la città accompagnati da una banda musicale mentre il 4 dopo una serie di dibattiti si tenne il discorso di Hitler sulla politica e sulla perdita di prestigio della Germania in campo internazionale. L’oratoria era l’arma vincente del dittatore. Egli preparava i suoi discorsi fin nei minimi dettagli. Annotava su dei fogli i punti principali e studiava i gesti con i quali avrebbe accompagnato le parole. Adottava persino stili diversi a seconda delle persone che doveva intrattenere: con i suoi sostenitori era impetuoso e veemente mentre con la gente comune era controllato e pacato. Con l’eloquenza riusciva a catturare chiunque.
Intanto una figura assumeva sempre più potere all’interno del partito: quella di Joseph Goebbels. Abilissimo oratore come Hitler era laureato in letteratura ed aveva abbracciato la fede nazista nel 1924. Hitler ammise più tardi che solo Goebbels riusciva a catturare completamente la sua attenzione. Egli fu quindi scelto dal Führer in persona per riorganizzare il distretto nazista a Berlino, diviso dalle fazioni e da lotte interne. Joseph si dette immediatamente da fare ed impose la sua autorità in meno di due settimane. Organizzò raduni di massa. Sguinzagliò le SA messe a sua disposizione da Hitler per dare la caccia ai comunisti. Fondò un giornale con cui attaccava gli avversari politici del partito. Nel giro di pochi mesi il distretto era diventato forte e compatto e le adesioni al partito aumentate vertiginosamente. Con questa abile mossa Hitler prese due piccioni con una fava. Riorganizzò un distretto allo sfascio e contrastò anche l’acerrimo rivale Strasser che non aveva abbandonato del tutto i suoi antichi progetti di rivolta.
In quello stesso anno al raduno di Weimar ne seguirono molti altri di cui il principale fu a Monaco. La coreografia era stata studiata come sempre nei minimi dettagli. L’arrivo del Führer fu preceduto da una parata delle SA accompagnata dalla banda musicale del partito e dalla consegna di un programma ad ogni spettatore. Quando Hiler salì sul palco la folla, si zittì. Egli iniziò a parlare con veemenza e decisione gesticolando spesso con le mani. Il pubblico che lo ascoltava con interesse rimase affascinato dalle parole del dittatore che focalizzò il suo discorso sul problema dello spazio vitale e sulla creazione di una razza pura germanica, uniche soluzioni alla crisi in cui erano caduti i tedeschi. Hitler poté ritenersi soddisfatto del lavoro che lui ed i suoi collaboratori avevano eseguito nel 1927. Con la fine dei congressi, infatti, le adesioni al partito erano aumentate del cinquanta per cento portandosi così ad oltre 50.000. Inoltre la schiera dei suoi seguaci più stretti si era arricchita numericamente. Restava però ancora un grave problema da risolvere: i fondi con cui continuare a combattere la repubblica. Anche se efficaci i raduni che Hitler organizzava sempre più frequentemente erano molto costosi e gravavano sulle casse del partito. Per ovviare a questo problema il gerarca nazista faceva raccogliere offerte fra il pubblico durante le manifestazioni e vendeva stemmi del partito e bandierine rosse con la svastica. Anche gli ingressi erano a pagamento.
L’anno successivo si tennero delle nuove elezioni a maggio. Hitler, avendo rinunciato alla cittadinanza austriaca, era un apolide e non potè presentarsi. Al suo posto scelse Strasser, Goebbels e Goring. Quest’ultimo era stato un asso dell’aviazione durante la prima guerra mondiale ed era fuggito in Svezia dopo lo sfortunato putsch della birreria. Ritornato nel 1927 si era riaffiancato a Hitler dopo una breve parentesi come consulente della Lufthansa, la nuova compagnia aerea tedesca di stato. Ma l’esito delle elezioni si rivelò un’amara sconfitta per il Fuhrer. I nazisti ottennero solo 800000 voti ed appena dodici dei 491 seggi del Reichstag. Anche i nazionalisti persero terreno nei confronti dei socialdemocratici. Dopo questi sorprendenti risultati il panorama politico tedesco appariva sempre più caotico e confuso poiché i socialisti ed i comunisti non avevano ottenuto la maggioranza e la destra, che era rimasta al governo fino a quel momento, si era indebolita. Nonostante tutto però la Germania recuperava credito e prestigio in campo internazionale grazie al suo ministro degli esteri Stresemann. Con una serie di incredibili colpi diplomatici aveva fatto ritirare le truppe francesi dalla Ruhr, aveva permesso l’ingresso nella Società delle Nazioni, aveva ratificato il trattato di Berlino, che garantiva i confini fra Germania ed Unione Sovietica. Tutto questo non era visto di buon occhio dai nazisti che basavano la loro politica sul malcontento generale e sulla perdita di prestigio dei tedeschi a livello internazionale. Ma anche l’economia nazionale dava segni di ripresa. Grazie ai capitali stranieri le industrie avevano ripreso a marciare a ritmi elevati e la produzione aveva raggiunto livelli accettabili, superiori a quelli del 1914. Il tenore di vita era notevolmente migliorato ed i salari aumentati. La disoccupazione rimaneva però ancora molto preoccupante. L’automazione delle fabbriche sempre più diffusa aveva incrementato il milione di senza lavoro che nel 1932 diventeranno addirittura sei.

Dopo i risultati delle elezioni del 1928 furono in molti ad affermare che il nazismo era definitivamente crollato. Ma Hitler non la pensava allo stesso modo. Ormai aveva imposto la sua autorità assoluta su tutti i componenti del partito ed aveva riunito sotto il suo comando una schiera di persone fedelissime che avevano abbracciato unicamente la fede nazista e le sue idee. Ovviamente sicuro della vittoria il dittatore manteneva alto il morale dei suoi seguaci preparandosi all’attacco finale.

La scintilla che permise al Fuhrer di salire al potere è da ricercare negli accordi stabiliti fra gli Alleati e il ministro degli esteri tedesco Stresemann, ormai prossimo alla morte, durante la conferenza annuale della Societa delle Nazioni a Ginevra. Il nuovo patto chiamato Young dal nome del banchiere americano Owen D. Young prevedeva una riduzione delle riparazioni di guerra che la Germania doveva pagare ai vincitori del primo conflitto mondiale a "solo" 121 miliardi di marchi. Inoltre i francesi si sarebbero ritirati dalla Renania entro il giugno del 1930, con quattro anni di anticipo. Anche se rappresentava un grande passo avanti rispetto agli accordi precedentemente stipulati, il piano Young fu malvisto dai tedeschi. Ribadiva, infatti, che la responsabilità dello scoppio della prima guerra mondiale era da attribuire alla sola Germania ed obbligava a pagare ingenti risarcimenti in denaro fino al 1988. Ma cosa più grave ricordava l’odioso trattato di Versailles e rievocava negli animi vecchi risentimenti e rancori mai del tutto dimenticati.

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Era un momento favorevole per instaurare nella popolazione le idee sovversive naziste e Hitler lo intuì prontamente. Si alleò con i nazionalisti di Hugenberg, anch’essi avversi alla repubblica e scontenti del piano Young, ricevendo così i fondi per incominciare una campagna politica a livello nazionale per la promulgazione della Legge contro l’Asservimento del Popolo Tedesco. Il progetto si rivelò però un insuccesso. I nazisti e i nazionalisti potevano contare soltanto su 85 seggi del Reichstag contro i 406 dei loro avversari e persero miseramente. Hitler allora propose alla popolazione un referendum: se la maggioranza avesse votato a favore la legge sarebbe stata approvata. Ma anche questo tentativo naufragò di fronte agli scarsi risultati raggiunti: appena il quattordici per cento dei tedeschi appoggiò infatti il Fuhrer che per salvare l’onore ed il prestigio agli occhi della gente abbandonò i nazionalisti.

Ma nonostante la dura sconfitta la popolarità del Fuhrer era aumentata notevolmente e le iscrizioni al partito diventavano sempre più numerose per l’aggravarsi della situazione economica. Un altro successo del 1929 fu l’elezione del nazista Wilhelm Frick a ministro degli Interni del gabinetto della Turingia. Hitler si concesse persino il lusso di acquistare una casa signorile a Monaco che arredò personalmente e ivi vi trasferì la sede del partito.

Nel 1930 continuava a tenere discorsi provocatori contro la repubblica. Non essendoci elezioni in vista gli altri partiti non davano peso alle parole del futuro dittatore che poteva parlare ai suoi sostenitori senza alcun intralcio. Per dare una scossa alla situazione e dimostrare la fragilità del governo sguinzagliò le SA per le strade contro ebrei, comunisti e avversari politici. Bisognava dimostrare alla popolazione che si stava combattendo e che se molti uomini erano disposti a morire per la causa nazista voleva dire che questa era giusta. Non fu comunque facile tenere a bada le camicie brune e frenare il loro slancio. Bisognava evitare che esse scatenassero una guerra civile più che una semplice pressione. Le SA pensavano, infatti, che la repubblica sarebbe stata rovesciata con l’uso delle armi ed in seguito esse si sarebbero sostituite all’esercito regolare. Hitler però non la pensava così. Nonostante questi atti di violenza era deciso ad arrivare al potere legalmente, senza troppi spargimenti di sangue. La situazione cominciò presto a degenerare e le autorità iniziarono a prendere severi provvedimenti contro l’esercito paramilitare nazista. In Baviera fu messo fuori legge mentre in Prussia fu vietato ad ogni funzionario statale di aderire al partito nazionalsocialista.

Con queste azioni "terroristiche" le SA dimostrarono la fragilità e l’inefficienza del governo di Weimar. Intanto il Fuhrer ristabiliva l’ordine fra i suoi collaboratori riconciliandosi con l’eterno rivale Gregor Strasser. Suo fratello Otto invece continuava ad essere una spina nel fianco poiché a Berlino controllava diversi giornali. Hitler, deciso a ribadire la propria autorità all’interno del partito, ordinò quindi a Goebbels di estromettere Strasser.

Intanto nel marzo del 1930 il governo tedesco subì un duro colpo: le dimissioni del cancelliere Hermann Muller. L’abile politico tedesco si lamentava del fatto che il Reichstag non appoggiava mai le sue proposte. Hindemburg che di norma non si intrometteva nelle vicende politiche fu costretto ad intervenire per evitare il peggio e dovette nominare un nuovo cancelliere. Nella scelta del successore di Muller i militari giocarono un ruolo fondamentale convincendo l’anziano presidente a rinunciare al sistema parlamentare e ad eleggere un cancelliere non legato ad una maggioranza. Il sistema politico tedesco dopo questa decisione mutò radicalmente: i cancellieri ora promulgavano tutte le leggi non attraverso il parlamento ma grazie a decreti straordinari concessi dal presidente. Il Reichstag poteva comunque vanificare i decreti presidenziali o richiedere la destituzione del cancelliere attraverso un voto di maggioranza. Per evitare simili possibilità Hindemburg poteva concedere un decreto di scioglimento del parlamento che avrebbe portato i partiti a dover affrontare nuove elezioni.
La scelta del successore di Muller cadde su Heinrich Bruning, un parlamentare del Partito cattolico di centro. Per circa due anni riuscì a governare grazie al tacito consenso dei socialdemocratici che, seppur non partecipando direttamente al suo gabinetto, non promossero mai una mozione di sfiducia impauriti dalla possibilità che le nuove elezioni potessero portare ad un governo di destra. Questa decisione non favorì di certo i socialdemocratici a causa della politica economica di Bruning che aggravò ancora più drasticamente la situazione tedesca. Ciò gli alienò il favore delle masse che vedevano la disoccupazione dilagare a dismisura. Anche Hindenburg incominciò a pentirsi della sua scelta. Non tanto per gli insuccessi riportati in ambito politico quanto per la riluttanza di quest’ultimo ad allearsi con la destra. Sempre consigliato dalla sua cerchia di amici militari, ed in particolar modo dal generale Kurt von Schleicher, il presidente decise alla fine di maggio di destituire Bruning. Schleicher si era affermato in ambito militare nello stato maggiore tedesco durante la prima guerra mondiale occupandosi di logistica. Alla fine del conflitto si occupò dei rapporti fra l’esercito ed il governo presiedendo uno speciale ufficio sottoposto solo al ministero della Difesa. Grazie a questa rilevante posizione riuscì ad inserirsi nella ristretta cerchia di militari consiglieri di Hindenburg. Fu sempre lui ad influenzare la scelta del nuovo cancelliere: Franz von Papen, un aristocratico poco più che cinquantenne. Sicuramente la scelta di Schleicher fu molto opportunistica. Papen, un vecchio amico del generale, non aveva le conoscenze necessarie per guidare il governo e si sarebbe dovuto quindi affidare ai suoi consigli per le questioni più complesse. Inoltre, per assicurarsi un ruolo attivo nel nuovo governo, Schleicher si riservò anche la carica di ministro della difesa dopo aver rinunciato al suo grado di generale per poter accedere al ministero. Il nuovo cancelliere si mise subito al lavoro per procurarsi una maggioranza parlamentare. Da un lato non gli era necessaria potendo contare sui decreti straordinari per promulgare le leggi.
Dall’altro gli avrebbe però consentito di evitare il pericolo di un voto di sfiducia. Ma il centro cattolico si rifiutò categoricamente di appoggiarlo poiché lo riteneva coinvolto nell’estromissione dal governo del loro collega Bruning. Papen decise quindi di seguire la volontà del presidente schierandosi con la destra e quindi con i nazisti. Per ottenere l’appoggio dei nazionalsocialisti, Papen accettò le richieste di Hitler di togliere il bando alle sue camicie brune e di indire nuove elezioni nazionali. Ottenne rapidamente il consenso di Hindenburg e approfittò di alcune sommosse scoppiate in Prussia, il più vasto dei diciassette stati federali, per richiedere l’uso dei decreti straordinari del presidente ed il permesso di sciogliere il governo prussiano. Le nuove elezioni furono tenute a luglio e sancirono il successo della politica di Hitler ed il crollo dei partiti moderati di centro. Provati da anni di privazioni e di disoccupazione, i tedeschi si dimostrarono disposti a seguire qualsiasi ideologia estremista che promettesse un rapido cambiamento della situazione. Ciò permise ai nazisti ed ai comunisti di schiacciare in modo evidente le forze moderate che persero centinaia di migliaia di voti. Il partito di Hitler, assicurandosi il 37,4% dei consensi popolari e riuscendo ad occupare ben 230 seggi al Reichstag, divenne il più forte della Germania. Il Fuhrer tentò subito di sfruttare i successi elettorali appena ottenuti a suo vantaggio richiedendo la cancelleria in quanto leader del partito più forte tedesco. Papen non era disposto a perdere la carica appena ottenuta e cercò di addolcire Hitler offrendogli il posto di vice-cancelliere nel suo gabinetto e alcuni ministeri per i suoi collaboratori più stretti. Anche Hindenburg rifiutò la richiesta, nutrendo una profonda avversione per il capo nazista, e si dimostrò d’accordo con Papen sulle eventuali concessioni da elargire al posto della carica di cancelliere. Ma Hitler, conscio che accettando la proposta dell’anziano presidente non avrebbe raggiunto nessuna carica di rilievo, rifiutò furibondo. Senza l’appoggio dei nazisti il governo si trovò in grave difficoltà. Papen poteva contare solo sul 10% dei consensi del Reichstag e si sarebbe trovato subito di fronte ad un voto di sfiducia non appena il parlamento si sarebbe riunito. Per evitare una simile eventualità, Hindenburg decise di concedere al cancelliere uno speciale decreto che gli avrebbe permesso di sciogliere il Reichstag quando più lo avrebbe ritenuto opportuno. Anche le elezioni che sarebbero dovute seguire alla mozione di sfiducia furono annullate. Pur di mantenere in carica Papen Hindenburg scelse di violare apertamente la costituzione concedendo al gabinetto il potere di governare in modo quasi assoluto, attraverso i suoi speciali decreti.

Fu comunque tutto inutile. Quando a settembre si riunì il parlamento i comunisti promossero un voto di sfiducia. Papen tentò di opporsi utilizzando il suo speciale decreto ma la votazione andò avanti. I risultati furono terrificanti: 512 voti contrari e solo 42 a favore dell’attuale gabinetto. Hindenburg tentò lo stesso di opporsi all’evidenza affermando che il parlamento era stato sciolto prima che la votazione fosse terminata. Ma Papen di fronte ad una simile opposizione non trovò il coraggio di violare la costituzione e furono immediatamente indette nuove elezioni per l’inizio di novembre. Hitler si poteva ritenere più che soddisfatto dell’andamento della situazione. Era riuscito a scalzare Papen dal potere e aveva la possibilità di incrementare la forza del suo partito grazie alle nuove elezioni. Ovviamente l’obiettivo era la cancelleria, come Hitler ammise ai suoi aiutanti più fidati. Ma le cose andarono ben diversamente e le speranze del Fuhrer si trasformarono ben presto in effimere illusioni. I nazisti persero molto terreno rispetto alle elezioni di luglio. Molti degli elettori che avevano appoggiato la causa nazista erano rimasti delusi dal fatto che Hitler non fosse riuscito ad occupare nessun rulo di prestigio. Anzi aveva anche rifiutato la carica di vice-cancelliere che agli occhi del popolo rimaneva comunque un ruolo importante e non privo di potere come invece appariva ad Hitler. Complessivamente i nazisti ottennero 196 dei 584 seggi del Reichstag, perdendone 34 rispetto alle elezioni precedenti. L’unico partito che seppe approfittare della situazione fu quello comunista che forte dei 100 seggi ottenuti divenne la terza forza politica della Germania.

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