Giovanni Verga

Nacque a Catania nel 1840, da una ricca famiglia di proprietari terrieri. A sedici anni compone Amore e patria, I carbonari della montagna (romanzi di ispirazione patriottica). Si iscrisse nel 1858 all’università di Catania ma nel 1861 dovette abbandonare gli studi perché si arruolò alla Guardia Nazionale.


Il soggiorno fiorentino (1865-1872). Iniziò a compiere numerosi viaggi a Firenze, dove nel 1869 si stabilì definitivamente. Qui frequenta i circoli letterari e i salotti aristocratici. Scrisse il romanzo epistolare Storia di una capinera (1871).
Il soggiorno milanese (1872-1894). Nel 1872 si trasferì a Milano (capitale letteraria). Qui Verga frequenta salotti letterari e caffè dove si ritrovano gli artisti; qui conobbe l’ambiente della scapigliatura. Scrive tre romanzi sentimentali: Eva, Tigre reale ed Eros. Nel 1874 scrisse Nedda, prima novella da cui emerge le tematiche siciliane. La protagonista è un’umile contadina che si guadagna da vivere raccogliendo olive. Prevale la narrazione dei fatti e delle azioni, rispetto all’analisi psicologica; la voce dell’autore è interna alla storia (narratore onnisciente). Nel 1876 Verga scrisse Primavera e altri racconti.
Alla fine del 1877 si colloca la conversione verista di Verga. Con Luigi Capuana, arrivato a Milano, formano un gruppo di narratori che si propongono di creare il "romanzo moderno". Il primo racconto naturalista o verista di Verga è Rosso Malpelo (1878). Scrisse una raccolta di novelle, Vita dei campi 1880 (approfondisce la vita del mondo contadino siciliano), e il romanzo I Malavoglia (1881). Nel decennio che va dal 1880 al 1890 compone: Per le Vie (1883), le novelle Vagabondaggio (1887) e Mastro don Gesualdo (1889). Intanto Verga continua a produrre un filone narrativo minore, destinato al grande pubblico: Il marito di Elena (1882) e Drammi intimi (1884). Nella politica segue la Destra storica, che propone un’alternativa agraria al grande capitalismo. Lavorerà a lungo, senza finirlo, al romanzo La duchessa di Leyra; pubblica i racconti: I ricordi del capitano d’Arce (1891) e Don Candeloro e C.i. (1894).
Il ritorno in Sicilia (1894-1922). Nel 1893 torna a Catania e cerca di lavorare al teatro, approntando per le scene La lupa e dopo qualche anno scrivendo il dramma Dal mio al tuo (1903). Scrive una novella La caccia al lupo. Nel 1920 è nominato senatore. Muore a Catania nel 1922.



L’ideologia

Pur vivendo in un ambiente borghese e positivistico della società milanese, Verga trovò nel darwinismo la conferma della sua versione pessimistica e conservatrice della vita. Infatti, la vita gli appare una lotta impari contro il destino, poiché la lotta coinvolge tutte le classi sociali, e con la conseguente sconfitta del singolo che tenta di elevarsi socialmente.

La poetica

La conversione verista consentì a Verga di trovare il canone artistico, adatto a esporre la sua poetica: Il confronto e il contrasto tra la "realtà" delle plebi siciliane e la "falsità" del mondo cittadino portò Verga a scoprire il mondo degli umili e dei vinti, poiché si evidenziava il meccanismo deterministico della lotta per la sopravvivenza.

L’impersonalità: In Nedda e Rosso Malpelo il protagonista è sempre vittima, ma a diversificare i due racconti è la forma. In Nedda il narratore è onnisciente, cioè interviene a cambiare la vicenda e a prendere le parti della protagonista. Invece in Rosso Malpelo, il narratore coincide con il personaggio popolare che racconta la vicenda (narratore interno). Infatti, il racconto comincia: "Malpelo si chiamava così perché aveva i capelli rossi; ed aveva i capelli rossi perché era un ragazzo malizioso e cattivo, che prometteva di reiscire un fior di birbone".

Lo straniamento e l’artificio di regressione. Lo straniamento mostra come strano un fenomeno normale, presentandolo da un’ottica inedita. Quindi il punto di vista dell’autore non coincide con il punto di vista del narratore, né con quello del lettore.
Lo straniamento si collega all’artificio della regressione: l’autore, persona colta, regredisce nel punto di vista di una persona ignorante. Così non è l’autore, ma una voce narrante ignorante e superstiziosa a fare osservazioni sulla storia (Malpelo: era cattivo perché aveva i capelli rossi).

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