Il Processo (Franz Kafka)

Il Processo di Kafka  non è di facile comprensione, lascia un senso di disorientamento, di turbamento e angoscia. Il lettore viene condotto con sapienza attraverso le vicende del protagonista, ma vera grandezza di quest’opera sta nel senso di alienazione, di depersonalizzazione cui porta la burocrazia descritta, sorta di sabbie mobili inarrestabili che portano l’uomo all’annichilimento della sua persona.

 


Il Processo di Kafka è ricco di mistero, è un romanzo enigmatico, beffardo a tratti, ma soprattutto lascia un senso di turbamento e un’insondabile angoscia.
Nel suo stile magistrale, Kafka ci parla di una realtà distorta, cupa e tenebrosa, dove l’uomo è soggiogato dalla società (governata da una burocrazia cieca e spietata), da lui stesso creata per migliorare le sue condizioni di vita, ma che denota evidenti antinomie e antitesi di tremendo effetto. Un affresco veramente inquietante, continuamente perturbato dal mistero sulla sorte del protagonista, in cui Kafka si immedesima con forza magistrale. Disagio, profondo disagio ci suggerisce quest’opera, che non sembra lasciare spiraglio alla speranza, secondo quanto ci suggerisce l’autore. La lettura di questo capolavoro non può che essere sostenuta inquanto forse possiamo trarre maggior beneficio dal rigettare un’illusione che non rimanere disinlusi quando oramai è tarda l’ora.

Pubblicato postumo nel 1925, Il processo di Kafka si è rivelato un capolavoro assoluto nell’approfondimento dei meandri psichici in cui si aggira chi è posto nella condizione di vittima innocente. E Kafka non risparmia nulla, è spietato e crudele, lucido e perverso. Quella di cui Josef K. è simbolo, è una condizione non storica o filosofica, ma bensì esistenziale. Le istituzioni che lo condannano restano indeterminate nel tempo e nella materia, come a rendere universale ed eterna la trappola che attanaglia senza scampo l’individuo, pedina sacrificabile sulla scacchiera della società. Il buio senza spiragli in cui precipita senza colpe il personaggio diventa così un’impressionante anticipazione del buio in cui una ventina d’anni dopo sarebbe precipitata la storia d’Europa.

Le colpe di Josef K.

Josef K. una mattina viene arrestato, senza aver fatto nulla di male e senza sapere perché. Comincia così una lunga odissea, fra carcere, libertà provvisoria e tribunale, durante la quale si fa a poco a poco il vuoto intorno a Josef K.; amici, parenti, amori, svaniscono come nebbia al sole, e la condanna alla pena capitale che i giudici gli infliggono senza mai rivelargli il capo d’imputazione, e anzi non conoscendolo essi stessi, sancisce un destino di vittima che oscuri meccanismi oppressivi hanno deciso di attribuirgli. Il protagonista morrà per mano di due allucinanti custodi della legge, che lo accoltellano come banditi da strada in mezzo a una strada. Josef K. morrà senza sapere perché, ma infine quasi agevolando i suoi carnefici, in una ormai raggiunta complicità con l’incubo che gli è capitato in sorte.

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