Marzo 1821 (Alessandro Manzoni)

Soffermati  sull'arida  sponda,

volti  i  guardi  al  varcato  Ticino,

tutti  assorti  nel  nuovo  destino,

certi  in  cor  dell'antica  virtù,

han  giurato: Non fia  che  quest ‘onda

scorra  più  tra  due  rive  straniere;

non  fia  loco  ove  sorgan   barriere

tra  l' Italia  e  l' Italia,  mai  più !

L'han  giurato:altri  forti  a  quel  giuro
Rispondean  da  fraterne  contrade,
affilando  nell'ombra  le  spade
che  or  levate  scintillano  al  sol.
Già le destre  hanno  strette  le  destre;
già  le sacre  parole  son  porte.
O  compagni  sul  letto  di  morte,
o  fratelli   su  libero  suol .

Chi  potrà  della  gemina  Dora ,
della  Bormida  al  Tanaro  sposa,
del  Ticino  e  dell' Orba  selvosa
scerner    l'onde  confuse  del  Po;
chi  stornargli  del  rapido  Mella
e dell'  Oglio  le  miste  correnti,
chi  ritogliergli   i  mille  torrenti,
che  la  foce  dell' Adda   versò,

quello  ancora  una  gente  risorta
potrà  scindere  in  volghi  spregiati,
e  a  ritroso  degli  anni  e  dei  fati,
risospingerla  ai  prischi  dolor:
una  gente  che  libera  tutta,
o  fia  serva  tra  l'Alpe  ed  il  mare ;
una   d' arme, di  lingua , d'altare ,
di  memorie, di  sangue  e  di  cor .

Con  quel  volto  sfidato  e dimesso,
con  quel  guardo  atterrato  ed  incerto,
con  che  stassi  un  mendico  sofferto
per mercede  nel  suolo  stranier,
star  doveva  in  sua  terra   il  Lombardo;
l'  altrui  voglia  era  legge  per  lui;
il  suo  fato,  un  segreto  d'altrui;
la  sua  parte,  servire  e  tacer.

O  stranieri,  nel  proprio   retaggio
torna    Italia,  e  il  suolo  riprende;
o  stranieri,  strappate  le  tende
da  una  terra  che  madre  non  v' è.
Non  vedete  che  tutta  si  scuote,
dal  Cinisio   alla   balza   di  Scilla?
Non  sentite  che  infida vacilla
Sotto il peso de'  barbari  piè?

O   stranieri ! sui  vostri  stendardi
sta  l' obbrobrio  d' un  giuro  tradito;
un  giudizio  da  voi  proferito
v' accompagna  all' iniqua  terzon;
voi  che  allo  stormo  gridaste  in  quei  giorni :
Dio  rigetta  la  forza  straniera;
ogni  gente  sia  libera  e  pèra
della  spada   l' iniqua  ragion .

Se  la  terra   ove  oppressi  gemeste,
preme  i   corpi  de'  vostri  oppressori,
se  la  faccia  d' estranei   signori
tanto  amara  vi  pare  in  quei  dì,
chi  v' ha  detto  che  sterile, eterno
saria   il  lutto  dell' itale  genti?
Chi  v' ha  detto  che  ai  nostri  lamenti
saria  sordo  quel  Dio  che  v'udì?

Si: quel  Dio  che  nell'onda  vermiglia
chiuse  il  rio  che  inseguiva  Israele,
quel  che  il  pugno  alla  maschia  Giaele
pose  il  maglio  ed  il  colpo  guidò:
quel  che  è  padre  di  tutte  le  genti,
che  non  disse  al  Germano  giammai:
Va' ,  raccoglie  ove  arato  non  hai;
spiega l'ugne;  l'  Italia  ti  do.

Cara  Italia!  Dovunque  il  dolente
Grido  uscì   del  tuo  lungo  servaggio,
dove  ancor  dell'umano  lignaggio
ogni  speme  deserta  non  è,
dove  già  libertade  è  fiorita,
dove  ancor  nel  deserto  matura,
dove  ha  lacrime  un ‘altra sventura,
non   c'è  cor  che   non  batta  per  te.

Quante  volte  sull'Ape  spiasti
L'apparir d'un  amico stendardo!
Quante  volte  intendesti   lo  sguardo
Ne'   deserti  del  duplice  mar !
Ecco  alfin  dal  tuo  seno  sbocciati,
stretti  intorno  a'  tuoi  santi  colori,
forti , armati  de'  propri  colori,
i  tuoi  figli  son  sorti  a  pugnar.

Oggi , o  forti ,  sui  volti  baleni
il  furor  delle  menti  segrete:
per  l'Italia  si  pugna ,  vincete!
Il  suo  fato  sui  brandi  vi  sta.
O  risorta   per  voi  la  vedremo
al  convito  de'  popoli   assisa ,
o  più  serva ,  più  vil ,  più  derisa
sotto  l' orrida  verga  starà.

Oh  giornate  del  nostro  riscatto!
O  dolente  per  sempre  colui
che  da  lunghe ,dal  labbro   d'altrui,
come  un  uomo  straniero, le  udrà !
che  a'  suoi  figli  narrandole  un  giorno
dovrà   dir  sospirando : io  non  c' era;
che  la  santa  vittrice  bandiera
salutata  quel  dì   non  avrà .

Alessandro Manzoni

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