Sole e miele (Clemente Rebora)

Sui fianchi ondano avvinti
Gli amatori in bisbiglio
Nel languor sciolto dell'estiva sera;
Dietro mi volgo: lento indi procedo,
E voluttà m'addolora.
Ma donne a veder sole più mi accora,
Che nulla ad esse, tranne amor, par vita;


Nel frantumo del giorno,
Nel vuoto della sera
Giuocan l'attesa a rimando:
E nel guardar chi s'accompagna, intorno
Dalle occhiaie dispera
Intento l'occhio che par dica – quando? –
Mentre orgoglio sicure le drizza
E muove a vagheggiarsi alle vetrine.
Il fato di ciascun è dentro al mio,
Come nell'occhio lo sguardo:
E argomentando, tacito m'avvio
Per la notte che stringe le cortine
Sul lacrimar dell'ombre
Per forme indefinite
Al flaccido baglior ch'estenuato
Da fanale a fanale sbadiglia
In una pausa senza fine.
O stanchi di sognar, oggi dormite:
Tutto, domani, ricomincerà

Clemente Rebora (1885-1957)

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