Sul destino di Paride (Orazio)

Mentre su un legno d'Ida il pastore malfido
rapiva per mare la sua ospite Elena,
Nèreo in una calma fastidiosa fermò
il fluire dei venti, per predirgli
il suo destino crudele.
'Con triste augurio
tu conduci in patria una donna, che la Grecia
in forze ti richiederà, decisa a infrangere
le nozze e l'antico regno di Priamo.


Ahimè, quanto sudore sovrasta cavalli
e uomini! Quanti lutti arrechi alle genti
di Troia! Già Pallade prepara il suo elmo,
l'ègida, il carro e tutta la sua rabbia.
Forte dell'appoggio di Venere, ti pettini
i capelli, per il piacere delle donne
alterni alla cetra le tue canzoni amabili,
ma invano: nel tuo talamo d'amore
non potrai evitare il peso delle lance,
la punta delle frecce, lo strepito, e Aiace
che t'insegue; solo alla fine, ahimè, la polvere
lorderà i tuoi capelli profumati.
Non vedi sulle tue spalle incombere Ulisse,
che stermina la tua gente, non vedi Nestore?
T'incalza impavido Teucro, t'incalza Stènelo,
che è guerriero valente e infaticabile
auriga, quando occorre guidare i cavalli.
Imparerai anche a conoscere Merione.
Ed ecco Diomede che, piú forte del padre,
smania con crudeltà di ritrovarti,
ma tu, come un cervo che dimentica l'erba
se vede un lupo sull'altro versante, tu
fuggirai per viltà ansimando a testa alta:
non avevi questo promesso a Elena.
Per l'ira di Achille differirà l'armata
la fine di Troia e delle donne troiane;
ma all'ultimo inverno fissato dal destino
il fuoco arderà le case di Pèrgamo.'

Orazio – Odi

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