Archivi categoria: Poesia

Barbara (Jacques Prévert)

Ricordati Barbara
Pioveva senza tregua quel giorno su Brest
E tu camminavi sorridente
Raggiante rapita grondante
Sotto la pioggia
Ricordati Barbara
Pioveva senza tregua su Brest
E ti ho incontrata in rue de Siam
Tu sorridevi
E sorridevo anche io
Ricordati Barbara
Tu che io non conoscevo
Tu che non mi conoscevi
Ricordati
Ricordati comunque di quel giorno
Non dimenticare
Un uomo si riparava sotto un portico
E ha gridato il tuo nome
Barbara
E tu sei corsa incontro a lui sotto la pioggia
Grondante rapita raggiante
Gettandoti tra le sue braccia
Ricordati di questo Barbara
E non volermene se ti do del tu
Io do del tu a tutti quelli che amo
Anche se non li ho visti che una sola volta
Io do del tu a tutti quelli che si amano
Anche se non li conosco
Ricordati Barbara
Non dimenticare
Questa pioggia buona e felice
Sul tuo viso felice
Su questa citt felice
Questa pioggia sul mare
Sullarsenale
Sul battello d' Ouessant
Oh Barbara
Che cazzata la guerra
E cosa sei diventata adesso
Sotto questa pioggia di ferro
Di fuoco acciaio sangue
E lui che ti stringeva fra le braccia
Amorosamente
E forse morto disperso o invece
Vive ancora
Oh Barbara
Piove senza tregua su Brest
Come pioveva prima
Ma non pi cos e tutto si è guastato
E' una pioggia di morte desolata e crudele
Non è nemmeno più bufera
Di ferro acciaio sangue
Ma solamente nuvole
Che schiattano come cani
Come cani che spariscono
Seguendo la corrente su Brest
E scappano lontano da Brest
Dove non cè più niente.

Jacques Prévert
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Odio l’amplesso che non giunge al fine (Ovidio Nasone)

Odio l'amplesso che non giunge al fine
in entrambi ad un tempo, ed per questo
che pei fanciulli non mi pinge amore;
odio la donna che si d perch'ella
costretta a darsi, e che insensibil resta
mentre pur va pensando alle sue lane;
grata non mi la volutt che data
per obbligo: non voglio che nessuna debba
adempier con me l'officio suo.
Amo i gemiti udir che il godimento
esprimono di lei: ch'ella mi chiegga
di ritardar, di trattenermi ancora.
Ch'io vegga della donna inebriata
gli occhi morenti! Che languendo implori
ch'io non la tocchi pi per lungo tempo!

Ovidio Nasone (43 a.C.-16 d.C.)
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Sete di te m’incalza (Pablo Neruda)

Sete di te m'incalza nelle notti affamate.
Tremula mano rossa che si leva fino alla tua vita.
Ebbra di sete, pazza di sete, sete di selva riarsa.
Sete di metallo ardente, sete di radici avide.
Verso dove, nelle sere in cui i tuoi occhi non vadano
in viaggio verso i miei occhi, attendendoti allora.

Sei piena di tutte le ombre che mi spiano.
Mi segui come gli astri seguono la notte.
Mia madre mi partor pieno di domande sottili.
Tu a tutte rispondi. Sei piena di voci.
Ancora bianca che cadi sul mare che attraversiamo.
Solco per il torbido seme del mio nome.
Esista una terra mia che non copra la tua orma.
Senza i tuoi occhi erranti, nella notte, verso dove.

Per questo sei la sete e ci che deve saziarla.
Come poter non amarti se per questo devo amarti.
Se questo il legame come poterlo tagliare, come.
Come, se persino le mie ossa hanno sete delle tue ossa.
Sete di te, sete di te, ghirlanda arroce e dolce.
Sete di te, che nelle notti mi morde come un cane.
Gli occhi hanno sete, perch esistono i tuoi occhi.
La bocca ha sete, perch esistono i tuoi baci.
L'anima accesa di queste braccia che ti amano.
Il corpo, incendio vivo che brucer il tuo corpo.
Di sete. Sete infinita. Sete che cerca la tua sete.
E in essa si distrugge come l'acqua nel fuoco.

Pablo Neruda
(Il Fromboliere Entusiasta)
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Mi piaci quando taci (Pablo Neruda)

Mi piaci quando taci perchè sei come assente,
e mi ascolti da lungi e la mia voce non ti tocca.
Sembra che gli occhi ti sian volati via
e che un bacio ti abbia chiuso la bocca.

Poichè tutte le cose son piene della mia anima
emergi dalle cose, piene dell'anima mia.
Farfalla di sogno, rassomigli alla mia anima,
e rassomigli alla parola malinconia.

Mi piaci quando taci e sei come distante.
E stai come lamentandoti, farfalla turbante.
E mi ascolti da lungi, e la mia voce non ti raggiunge:
lascia che io taccia col tuo silenzio.

Lascia che ti parli pure col tuo silenzio
chiaro come una lampada, semplice come un anello.
Sei come la notte, silenziosa e costellata.
Il tuo silenzio di stella, cos lontano e semplice.

Mi piaci quando taci perchè sei come assente.
Distante e dolorosa come se fossi morta.
Allora una parola, un sorriso bastano.
E son felice, felice che non sia così.

Pablo Neruda (Venti poesie d'amore e una canzone disperata)

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XVII sonetto (Pablo Neruda)

Non t'amo come se fossi rosa di sale, topazio
o freccia di garofani che propagano il fuoco:
t'amo come si amano certe cose oscure,
segretamente, tra l'ombra e l'anima.

T'amo come la pianta che non fiorisce e reca
dentro di s, nascosta, la luce di quei fiori;
grazie al tuo amore vive oscuro nel mio corpo
il concentrato aroma che ascese dalla terra.

T'amo senza sapere come, n quando, n da dove,
t'amo direttamente senza problemi n orgoglio:
così ti amo perchè non so amare altrimenti

che così, in questo modo in cui non sono e non sei,
così vicino che la tua mano sul mio petto mia,
così vicino che si chiudono i tuoi occhi col mio sonno.

Pablo Neruda
– XVII sonetto (Cento sonetti d'amore)

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In un boschetto trovai pastorella (Guido Cavalcanti)

In un boschetto trovai pastorella:
più che la stella bella al mio parere.
Con la sua verghetta pasturava agnelli;
e, scalza, di rugiada era bagnata.
Cantava come fosse innamorata,
era adornata di tutto piacere.
D'amor la salutai immantinente,
e domandai s'avesse compagnia;
ed ella mi rispose dolcemente
che sola sola per lo bosco ga
e disse: "Sappi, quando l'augel pia,
allor disa il mio cor drudo avere".
Poi mi disse di sua condizione,
e per lo bosco augelli audo cantare;
fra me stesso dicea: "Or stagione
di questa pastorella gi pigliare".
Merc le chiesi sol che di baciare
e d'abbracciare le fosse in volere.
Per man mi prese d'amorosa voglia
e disse che donato m'avea il core;
menommi sotto una freschetta foglia,
là dove io vidi fior d'ogni colore,
e tanto vi sento gioia e dolzore
che 'l dio d'amore parvemi vedere.

Guido Cavalcanti (1259-1300)
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S’i’ fosse fuoco, arderei ‘l mondo. (Cecco Angiolieri)

S'i' fosse fuoco, arderei 'l mondo;
s'i' fosse vento, lo tempestarei;
s'i' fosse acqua, i' l'annegherei;
s'i' fosse Dio, mandereil' en profondo;
s'i' fosse papa, allor serei giocondo,
ché tutti cristiani imbrigarei;
s'i' fosse 'mperator, ben lo farei:
a tutti tagliarei lo capo a tondo.
S'i' fosse morte, andarei a mi' padre,
s'i' fosse vita, non starei con lui:
similemente faria da mi' madre.
S'i' fosse Cecco, com' i' sono e fui,
torrei le donne giovani e leggiadre:
le zoppe e vecchie lasserei altrui.

Cecco Angiolieri (1260-1312)

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Verlaine (Federico Garcia Lorca)

La canzone,
che non dirò mai,
dorme sulle mie labbra.
La canzone,
che non dirò mai.
Una lucciola stava
sopra le madreselve,
e la luna pungeva,
con un raggio nell'acqua.

Allora io sognai,
la canzone,
che non dirò mai.

Canzone piena di labbra
e di alvei lontani.

Canzone piena di ore
smarrite nell'ombra.

Canzone di viva stella
sopra un giorno eterno.

Federico Garcia Lorca

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L’ombra dell’anima mia (Federico Garcia Lorca)

L'ombra dell'anima mia
fugge in un tramonto di alfabeti,
nebbia di libri
e di parole.
L'ombra dell'anima mia!

Sono giunto alla linea dove cessa la nostalgia
e la goccia di pianto si trasforma
in alabastro di spirito.
(L'ombra dell'anima mia!)
Il nodo del dolore finisce,
ma resta la ragione e la sostanza
del mio vecchio mezzogiorno di labbra
del mio vecchio mezzogiorno di sguardi.
Un torbido labirinto
di stelle affumicate
imprigiona le mie illusioni
quasi appassite.
L'ombra dell'anima mia!
E un'allucinazione
dispone gli sguardi.
Vedo la parola amore sgretolarsi.
Usignolo!
Usignolo mio!
Canti ancora?

Federico Garcia Lorca
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