Archivi categoria: Poesia

Non dalle stelle io traggo i miei pronostici (Shakespeare)

Non dalle stelle io traggo i miei pronostici,
eppure penso che d'astronomia m'intendo;
ma non per dire la buona o la cattiva sorte,
o preannunciare peste o siccità o il volger delle stagioni;
Né a breve scadenza posso io predire
a chiunque il tuono, la pioggia e il vento,
e se ai principi arrida la fortuna,
da frequenti presagi ch'io scopro in cielo.
E' dai tuoi occhi ch'io traggo la mia scienza,
stelle fisse in cui questa divinazione io leggo:
che verità e bellezza insieme prospereranno
se tu, da te stesso, trarrai progenie.
Se no, di te questo devo pronosticare:
che Verità e Bellezza fatalmente moriranno con te

W. Shakespeare (1564-1623)
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Cuore e occhi miei sono ora in alleanza (Shakespeare)

Cuore e occhi miei sono ora in alleanza
e vicendevoli favori si prestano:
quando i miei occhi anelano il tuo sguardo,
e quando il cuore innamorato soffoca i suoi sospiri,
Gli occhi allora si saziano del tuo ritratto,
al cui pittorico banchetto pure il cuore invitano;
altre volte è il mio cuore a ospitare gli occhi,
per farli parte dei suoi pensieri d'amore.
E così, pel tuo ritratto e per il mio cuore,
tu, lontano, sei sempre in me presente;
tu non puoi allontanarti più dei miei pensieri,
e io sono con loro e loro con te.
E se essi dormono, sono gli occhi col tuo ritratto
che il cuore risvegliano, con mutuo gaudio.

W. Shakespeare (1564-1623)
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Chi mai crederebbe in futuro ai miei versi (Shakespeare)

Chi mai crederebbe in futuro ai miei versi
se fossero ricolmi dei tuoi eccelsi pregi?
Eppure, lo sa il cielo, non sono che tomba
che la tua vita celano, e solo metà dei tuoi tesori additano.
Potessi io ritrarre la bellezza dei tuoi occhi
e in nuovi versi enumerare le tue grazie,
l'età futura direbbe: "Sono menzogne di poeta,
mai sì celesti tratti toccarono volti umani".
E i miei scritti, ingialliti dal passare del tempo,
sarebbero dileggiati come farneticare di rimbambito,
e le meritate lodi come eccessi di fantasia,
rime esagerate di vecchia cantilena.
Ma se un tuo bimbo allora vivesse,
tu due volte vivresti: in lui e nel mio canto.

 W. Shakespeare (1564-1623)

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Perché tu mi oda (Pablo Neruda)

Perché tu mi oda
le mie parole
a volte si assottigliano
come le orme dei gabbiani sulle spiagge.

Collana, sonaglio ebbro
per le tue mani dolci come l'uva.

E le vedo lontane le mie parole.
Più che mie esse son tue.
Si arrampicano sul mio vecchio dolore come l'edera.

Si arrampicano così sulle pareti umide.
Sei tu la colpevole di questo gioco sanguinoso.
Esse fuggono dal mio rifugio oscuro.
Tu riempi tutto, tutto.

Prima di te popolarono la solitudine che occupi,
e sono abituate più di te alla mia tristezza.
Ora voglio che dicano ciò che voglio dirti
perché tu oda come voglio che m'oda.

Il vento dell'angoscia ancora le trascina.
Uragani di sogni a volte ancora le abbattono.
Senti altre voci nella mia voce addolorata.
Pianto di vecchie bocche, sangue di vecchie suppliche.
Amami, compagna. Non abbandonarmi. Seguimi.
Seguimi, compagna, in quest'onda di angoscia.

Ma vanno tingendosi del tuo amore le mie parole.
Tu occupi tutto, tutto.

Ne farò di tutte una collana infinita
per le tue mani bianche, dolci come l'uva.

Pablo Neruda (1904-1973)
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Nessuno può conoscermi (Paul Eluard)

Nessuno può conoscermi
Come tu mi conosci

Gli occhi tuoi dove dormiamo
Tutti e due
Alle mie luci d'uomo han dato sorte
Migliore che alle notti della terra

Gli occhi tuoi dove viaggio
Han dato ai gesti delle strade un senso
Separato dal mondo

Negli occhi tuoi coloro che ci svelano
La solitudine nostra infinita
Non sono più quel che credevano essere

Nessuno può conoscerti
Come io ti conosco.

Paul Eluard (1895-1952)
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Abbiamo creato la notte (Paul Eluard)

Abbiamo creato la notte (Paul Eluard)

Abbiamo creato la notte ti tengo la mano e veglio<
E ti tengo con tutte le forze
E incido su una roccia
l'astro delle tue forze
Solchi profondi dove la bontà
del tuo corpo germinerà
E mi ripeto la voce tua segreta
e la voce tua pubblica
E rido ancora dell'orgogliosa
Che tratti come un mendicante
Dei folli che rispetti dei semplici in cui ti specchi
E nella mia testa che dolcemente
s'accorda con la tua con la notte
Mi meraviglio dell'ignota che diventi
Un'ignota simile a te simile a tutto ciò che amo
Che è sempre nuovo.

Paul Eluard (1895-1952)
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Arance i tuoi capelli e intorno il vuoto (Paul Eluard)

Arance i tuoi capelli e intorno il vuoto
Del mondo, e intorno il vuoto anche dei vetri
Carichi d'ombra e di silenzio dove
Cercano tutti i tuoi riflessi queste
Mie mani nude.
Chimerica è la forma del tuo cuore
E il tuo amore assomiglia al mio perduto
Desiderio. O sospiri d'ambra, sogni,
Sguardi.
Ma tu non sei rimasta sempre
Con me. La mia memoria è ancora nebbia,
Ché t'ha vista venire, andare. Il tempo
Di parole si avvale, come amore.

Paul Eluard (1895-1952)
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Tra la memoria delle bellezze (Torquato Accetto)

I' vidi il bel crin d'oro, e fui contento
del nodo a cui mi strinse in varie guise;
e la bocca gentil, che ne sorrise,
al suo dolce parlar più m'ebbe intento.
I' vidi il vivo lume, e non fui lento
a riverir l'angeliche divise;
e colei, ch'in me foco e piacer mise,
lieta conobbe il mio dolce tormento.
E vidi rose e gigli, o fiamma e neve
nel chiaro volto ben confuse e sparse.
Ahi mortai vita, assai fallace e breve!
Vola il diletto, e son l'ore sì scarse
ch'a la memoria innamorata è greve
più de le gioie sue piena mostrarse.

Torquato Accetto (1590-1640)
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